L'adolescenza

L'adolescenza

Oggi si parla di nuovi adolescenti, ma l’adolescenza è sempre nuova! Risente delle trasformazioni socio – storiche e culturali e dei modi in cui le innovazioni tecnologie modificano i funzionamenti mentali delle persone. Ciò che non cambia è il concetto di “debutto”. L’adolescenza rappresenta sempre un “debutto” nel mondo della fisiologia e della socialità adulta. Sancisce la fuoriuscita dal solo ruolo di figlio e qualifica l’avvento della “prima volta” in tutte le cose più importanti. Nella mente dei genitori è anticipata dallo sgomento di chi rimane chiuso fuori, senza password o chiavi d’accesso. Chiusi fuori dal bagno, dalle camere, dalle conversazioni, dagli account. Come se tutto, fuori, servisse a rimarcare il preciso istante in cui “il dentro” diventa di proprietà privata.

Ma quando arriva per i ragazzi?

 Una mattina uno si sveglia con un aspetto diverso. Lo specchio riflette un’immagine che sembra tutto fuorché gradevole. Un corpo nuovo e superaccessoriato ma senza libretto delle istruzioni. “Rivoluzionare” diventa imperativo: la propria camera da letto,  il proprio aspetto, la pettinatura, il modo di vestire, con il fine ultimo di “ristrutturare” l’identità intera. Da bambini è tutto diverso. Il bambino è protetto dalla mente dei genitori che pensano e decidono per lui. Pur nella considerazione di preferenze e alternative possibili, il bambino non ha diritto di voto sulle questioni veramente importanti della sua crescita. Dipende in tutto e per tutto dai genitori. La mamma e il papà rappresentano tutto il suo mondo, l’insieme dei motivi per essere tristi o felici, la motivazione per fare le cose e farle bene;finché un giorno il cervello ricomincia a crescere in modo esponenziale, proprio come accade nei primi anni dopo la nascita. Tra gli 11 e 14 anni, infatti, le connessioni neurali ricominciano a moltiplicarsi, prima di andare incontro a una nuova fase di selezione e potatura. Prima, per risolvere un problema, prendevi la strada che ti suggerivano. Ora, all’improvviso, ti trovi davanti a milioni di strade, tra cui devi decidere sulla base delle tue idee e motivazioni, sapendo che ciò che sceglierai potrebbe non essere giusto, efficace o condiviso. Lo sviluppo puberale innesca, così, un processo di trasformazione che consiste nella “riedizione”, sul piano psichico, di quanto anticamente avvenuto sul piano fisico. Il corpo che cambia costringe a fare i conti con nuove funzioni, nuove competenze e nuovi comandi. Attraverso un confronto serrato con la propria immagine, passando al setaccio qualità fisiche e prestazionali proprie ed altrui, ci si trova catapultati per la prima volta di fronte a un pubblico. Per la prima volta si ha la sensazione di essere “visti” e se da un lato la questione può avere un che di lusinghiero, dall’altro finisce per suscitare intensi sentimenti di inadeguatezza e forti pressioni a sanare i vuoti di conferme, di accettazione e di appartenenza. L’iperinvestimento su contesti affettivi alternativi alla famiglia, come il gruppo dei pari, acquisisce così una fisiologica funzione di sostegno ai processi di crescita: rifornisce di autostima un’immagine di sé frantumata dalla dirompenza di cambiamenti incontrovertibili, accompagna nella costruzione di nuovi oggetti d’amore, incoraggia a partire alla scoperta di nuove terre, consente di collaudare le possibili versioni di sé.

In altre parole, l’adolescenza coincide con una terra di mezzo in cui superare una complessa progressione di prove iniziatiche, talvolta pericolose, per conseguire lo status di adulto.

Ma quando si diventa adulti? e com’è che riusciamo a capire quando lo siamo diventati?

Ciò che contraddistingue l’adulto cambia a seconda della società, della cultura e dell’epoca storica.

Nella società degli anni ‘50 sia la scuola che la famiglia educavano a un modello adulto centrato sulle regole e sulla responsabilità, che imponeva impegno e sacrificio nello sforzo di anteporre il bene collettivo agli interessi individuali. All’epoca diventare adulto significava aver acquisito le competenze necessarie per  farsi carico delle responsabilità familiari e civiche, entrando a pieno titolo in un ruolo (familiare e sociale) che era stabilito e riproposto sempre uguale in tutte le generazioni precedenti. Che tu fossi maschio o femmina, il tuo compito consisteva nell’ imparare a comportarsi da maschio o da femmina, da marito o da moglie, da padre o da madre, da partecipante attivo e produttivo della società, il tutto secondo un modello convenzionale, socialmente predefinito e riprodotto sempre uguale da tutti prima e dopo. Ad esempio, se ti sposavi, avevi un figlio, avevi un impiego, accedevi sposandosi, avendo un figlio o un impiego si accedeva automaticamente allo status di adulto, a prescindere dalla tua condizione mentale o soggettiva. In sostanza, a nessuno importava se fossi o meno pronto per il matrimonio, se avessi scelto in modo deliberato e consapevole il lavoro della tua vita o se desiderassi davvero avere un figlio. Era sufficiente dimostrare di saper fare anche una sola di queste cose per essere considerato adulto. Oggi invece il mondo è completamente cambiato! Oggi, a sancire il passaggio allo status di adulto è proprio la qualità della tua  condizione mentale e soggettiva. Significa essere in grado di scegliere in modo responsabile e consapevole (esercitare criticamente la propria libertà di scelta) i ruoli di cui farsi carico nella società, non sulla base di prescrizioni culturali o familiari, ma unicamente in funzione di quanto questi rispondano alle tue motivazioni, alle tue reali capacità e ai tuoi autentici desideri. Oggi si diventa adulti quando si matura la consapevolezza del proprio realistico modo di essere e la capacità di decidere in modo coerente al proprio sistema di valori e al proprio sentire, che cosa fare della propria vita, scegliendo tra una gamma potenzialmente infinita di alternative. Oggi non ci sono più regole, modelli, valori, convenzioni a tracciare il sentiero, quanto, piuttosto, dei livelli in cui esercitare le proprie competenze al fine di acquisire sempre maggiore consapevolezza di sé. Il superamento di un livello consente di conseguire gli strumenti utili a superare positivamente anche il livello successivo, proprio come nei videogiochi.


Dott.ssa Katia Buonanno
Psicologa Psicoterapeuta

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